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Dott.ssa Corinne Copat

Psicologa Psicoterapeuta Clinica Pergine Valsugana

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Psicologo

Parla, mia paura

21 settembre 202021 settembre 2020 ~ corinnecopat ~ 2 commenti

“Parla, mia paura” (Einaudi Stile Libero) è il titolo del romanzo di Simona Vinci, una storia vera, quella della scrittrice che ha sofferto di attacchi di panico e depressione.

Simona nel libro affronta il suo rapporto con l’ansia, con la paura costante di non essere adatta, dando voce al malessere che è dentro di lei. Accettando di rifugiarsi “nel mondo” e di condividere la propria esperienza, Simona compie un viaggio in dieci tappe, ripercorrendo la sua vita passata e il difficile rapporto con il suo corpo, la solitudine, la tristezza, gli attacchi di panico e i pensieri negativi.

Il percorso terapeutico, che viene descritto nel libro, è un primo passo per chiedere aiuto: Simona descrive bene quel primo incontro con la terapeuta, che riporto qui sotto perché emotivamente significativo.

La prima volta che incontrai quella che sarebbe stata la mia psicoanalista era dicembre. La sensazione che provai in quella prima seduta, quella in cui decisi che sì, lei andava bene, si cristallizzò in un’immagine di me che posavo i bagagli nell’atrio di una stazione. Una valigia pesante, marrone, con i manici di pelle, chiusa da una grossa cerniera sgangherata. Non sapevo cosa ci fosse dentro e perché me la stessi trascinando appresso, sapevo che da quel momento non ero più sola a doverla trasportare e tenere sospesa ovunque andassi. Potevo riposarmi. Nell’attesa che quella valigia venisse aperta e io potessi scoprire cosa ci fosse dentro.

L’esperienza con la terapeuta rende possibile il percorso, diventando un fattore importante per la cura.

Affinché sia possibile il cambiamento terapeutico, il paziente diventa piano piano consapevole del proprio funzionamento e degli aspetti di sé che prima non conosceva, ma impara anche a comprendere i propri stati d’animo, le proprie emozioni e quelle degli altri e questo può avvenire solo attraverso la relazione terapeutica e la fiducia verso l’altro.

Lungo il percorso psicologico possono comparire delle incrinature nel rapporto con il terapeuta. Non è un evento considerato solo come ostacolo alla terapia o dannoso per la relazione, ma può diventare un’occasione preziosa se viene discussa e affrontata all’interno della coppia terapeuta – paziente. Anzi talvolta può rafforzare il legame e rendere più utile il procedere del percorso che si sta affrontando insieme.

Consiglio questo romanzo a chi vuole avvicinarsi o approfondire alcuni aspetti legati all’ansia, attacchi di panico e depressione. Può essere letto anche per comprendere cosa prova una persona vicina che affronta questo malessere. Ma è consigliato anche a chi vuole leggere una testimonianza vera di un percorso terapeutico e di un’autentica esperienza di cambiamento.


L’autrice: dott.ssa Corinne Copat

La dott.ssa Copat Corinne è Psicologa e Psicoterapeuta. Esercita la libera professione presso lo Studio di Pergine Valsugana (Trento). E’ laureata in Psicologia Clinica presso l’Università degli Studi di Padova ed è specializzata in Psicoterapia Psicodinamica. I suoi interventi si rivolgono all’adolescenza ed età adulta.

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Coronavirus: materiale utile per genitori

27 marzo 202031 marzo 2020 ~ corinnecopat ~ Lascia un commento

Di fronte alle richieste dei genitori rispetto al tema del Coronavirus e di come poterlo spiegare ai propri figli, lo Studio di Psicologia e Psicoterapia di Pergine Valsugana (TN) ha raccolto una serie di documenti e link utili per orientare gli adulti nel dialogo con i bambini rispetto a questa tematica.

Anche i più piccoli vivono questa emergenza sanitaria e possono risentire dell’ansia o dello stress legato a questa insolita situazione.

Le indicazioni e i vari spunti di riflessione proposti possono aiutare una comunicazione attenta e consapevole che permetta di spiegare ai propri figli cosa sta succedendo.

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Per le riflessioni e spunti rivolti ai più piccoli, si consigliano i seguenti link:

  • https://psicologiperipopolitn.files.wordpress.com/2020/03/vademecum_bambini.pdf  Vademecum rivolto ai bambini, realizzato dall’Associazione Psicologi per i Popoli – Trentino in collaborazione con l’Ordine degli Psicologi di Trento.
  • https://www.uppa.it/educazione/pedagogia/parlare-di-coronavirus-con-i-bambini/    Uppa è una casa editrice specializzata nei temi della genitorialità e dell’infanzia.
  • https://www.youtube.com/watch?v=NcbXqSR1LmA     Un simpatico video per i più piccoli, tratto dal cartone animato “Biancaneve e i sette nani”, per insegnare le principali regole di igiene come lavarsi le mani.
  • https://www.unicef.it/doc/9751/coronavirus-come-aiutare-bambini-gestire-emozioni-laboratori-utili.htm      Alcune proposte rivolte ai genitori per aiutare a gestire le emozioni dei propri figli al tempo del CoronaVirus.
  • https://sipsia.org/come-spiegare-ai-bambini-il-coronavirus/       SIPSIA è la Società Italiana di Psicoterapia Psicoanalitica dell’Infanzia, dell’Adolescenza e della Coppia, con sede a Roma.
  • https://www.policlinico.mi.it/coronavirus-spiegato-a-bambini-e-adolescenti
  • https://www.dire.it/23-03-2020/437737-coronavirus-ai-bambini-bisogna-dire-la-verita-per-placare-le-ansie/      Intervista alla presidente della Società Psicoanalitica Italiana e Psichiatra Infantile, Anna Maria Nicolò.
  • https://d.repubblica.it/life/2020/02/25/news/come_parlare_del_coronavirus_ai_bambini_consigli_pedagogista_daniele_novara_psicoterapeuta_eta_evolutiva_alberto_pellai-4685566/

 

Quello che appare importante è comprendere la situazione che stanno vivendo i bambini: i loro ritmi quotidiani sono cambiati, possono notare in casa volti  e sguardi preoccupati, sentire informazioni diverse dal solito. Al telegiornale possono ascoltare informazioni varie che allarmano gli adulti, le scuole sono chiuse … e anche le persone della famiglia che prima si vedevano con frequenza ora sono molto distanti e non si possono raggiungere come prima. I bambini sono molto sensibili alle emozioni che sentono intorno a loro, tendono a riempire i silenzi e a creare delle risposte su quanto accade, nel tentativo di darsi delle spiegazioni, spesso falsate ed ego centrate (e purtroppo auto colpevolizzanti) di quanto accade. Questo crea maggiore ansia, rispetto ad una risposta/spiegazione da parte dell’adulto, che può provare a dare un senso a quanto accade e accoglie le loro emozioni (sia la paura, che la rabbia o la tristezza….). L’ignoto crea ancora più timore, ma ciò che ha un nome si può affrontare. Dare un nome alle emozioni aiuta a gestirle, sia da adulti che da bambini e può essere fondamentale non solo in questa situazione ma anche quando ci si troverà a gestire le difficoltà future.

Ai genitori è quindi consigliato di trovare un momento sereno in casa per poterne parlare, con spiegazioni semplici e chiare e condividendo le emozioni che si stanno provando.

Anche noi adulti viviamo in questo periodo sentimenti di incertezza, rabbia e paura, ma possiamo denominare e parlare delle emozioni che noi stiamo provando (“Mi sento triste perché….”). In questo modo i bambini apprenderanno piano piano un lessico emotivo  (sia che si tratti di emozioni positive o negative), e a collegarlo a ciò che sentono dentro di loro.

Con il tempo i bambini potranno quindi imparare a riconoscere ciò che sentono e a gestire al meglio le proprie emozioni. 

Dire loro la verità, spiegando cos’è il Corona Virus ad esempio, può aiutarli a spiegarsi  tutti questi cambiamenti per loro inaspettati. La realtà è sempre raccontabile ai bambini. Molto dipende però dal nostro atteggiamento: sminuire il problema che si sta vivendo o negare alcune emozioni provate e/o informazioni può creare una discrepanza tra le emozioni che il bambino sente e l’informazione ricevuta. Questo può creare una certa confusione, non aiutandolo a a comprendere ciò che è accaduto e sperimentando maggiore incertezza. Omettere la realtà è un evitamento per noi adulti che ci protegge dall’entrare in contatto con le nostre paure e la nostra impotenza. Poter avere intorno a sé adulti che restituiscono un senso e un significato veritiero al proprio “sentire” risulta davvero fondamentale.

Per far fronte ai cambiamenti imposti, risulta importante mantenere una certa routine quotidiana ed utilizzare il gioco simbolico e il disegno per poter parlare di alcuni aspetti legati a questa tematica sanitaria (es. trasformare in gioco il lavaggio delle mani o rappresentare il virus sotto forma di disegno). In questo modo si possono affrontare tematiche difficili con una certa serenità e ottimismo!

Ogni proposta e/o suggerimento va naturalmente adattata ad ogni singolo bambino/a, tenendo conto della sua età, in modo adeguato al grado di comprensione e alla maturità emotiva individuale. L’obiettivo è far vivere ai bambini questo periodo il più possibile con serenità e speranza, accogliendo le loro richieste e fornendo un luogo di riferimento sicuro dove sanno di poter trovare delle risposte o della comprensione emotiva.

Anche per i ragazzi e le ragazze più grandi, il tempo della reclusione e dello stravolgimento dei propri ritmi quotidiani – legati anche a sentimenti di ansia e preoccupazione per sé e i propri cari – può essere particolarmente difficile.

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Di seguito vengono riportati alcuni link contenenti suggerimenti e indicazioni rivolti ai genitori e ai/alle ragazzi/e.

  • https://psicologiperipopolitn.files.wordpress.com/2020/03/vademecum_ragazzi.pdf   Un prezioso vademecum rivolto ai ragazzi e ragazze ai tempi del CoronaVirus, realizzato dall’Associazione Psicologi per i Popoli – Trentino in collaborazione con l’Ordine degli Psicologi di Trento.
  • https://www.nostrofiglio.it/adolescenza/adolescenti-e-coronavirus
  • https://matteolancini.it/2020/03/26/lettera-agli-adolescenti-nei-giorni-del-coronavirus/         Matteo Lancini è psicologo e psicoterapeuta di formazione psicoanalitica, presidente della Fondazione “Minotauro” di Milano.
  • https://www.lastampa.it/cronaca/2020/03/16/news/adolescenti-e-quarantena-da-coronavirus-la-psicologa-risponde-1.38600400   Intervista alla dott.ssa Maura Manca, Psicologa e Psicoterapeuta.

 

Lo Studio di Psicologia e Psicoterapia di Pergine Valsugana (TN) consiglia inoltre di informarsi e aggiornarsi sempre attraverso fonti istituzionali, tra i quali Ministero della Salute (http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioFaqNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=228),  Istituto Superiore di Sanità (https://www.iss.it/coronavirus), Epicentro (https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/).

Per qualsiasi informazione, dubbio o necessità legata al tema trattato, si può fare riferimento allo Studio di Psicologia e Psicoterapia di Pergine Valsugana attraverso i seguenti contatti:

⇒ 347. 3479888

⇒ 349. 0638546


L’autrice: Dr.ssa Copat Corinne

La Dr.ssa Copat è Psicologa e Psicoterapeuta. Esercita la libera professione presso lo Studio di Psicologia di Pergine Valsugana. E’ laureata in Psicologia Clinica presso l’Università di Padova ed è specializzata in Psicoterapia Psicodinamica.

Diventare padre – L’importanza della figura paterna nello sviluppo dei bambini

12 giugno 201712 giugno 2017 ~ corinnecopat ~ Lascia un commento

Negli ultimi decenni le figure genitoriali hanno subito importanti trasformazioni nella famiglia occidentale. I vari cambiamenti socio-culturali hanno portato ad una figura paterna rinnovata, ovvero ad un padre che riesce a porsi sempre più come genitore partecipe e coinvolto nello sviluppo dei suoi figli.

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La psicoanalisi freudiana ha mostrato per prima le funzioni paterne rispetto allo sviluppo psichico dei figli, fin dalle epoche precoci della loro vita.

L’importanza del padre inizia già dalla gravidanza, quando gli uomini sono coinvolti in primo piano in questa esperienza, pur con le normali differenze individuali. Alcuni uomini desiderano da sempre diventare padri, mentre altri sono contenti che la loro compagna sia rimasta incinta, ma è solo al momento della nascita del bambino che entrano in contatto con forti sentimenti paterni.

Nello sviluppo psicologico della madre, che impegna tanto il suo corpo quanto la sua mente nell’affrontare i cambiamenti legati alla gravidanza, è importante ricordare che anche il futuro padre attraversa un processo simile di adeguamento al suo nuovo ruolo.

L’uomo non può vivere l’esperienza di sentir nascere dentro di sé un bambino, ma è importante se la compagna condivide con lui i vari momenti della gravidanza in modo che egli si senta motivato a seguire gli accertamenti medici e a prepararsi insieme a lei al parto.

In questo periodo, l’uomo può svolgere una “funzione contenitiva”, condividendo le preoccupazioni e le normali ansie legate alla gestazione della propria compagna.

Lo sviluppo psicologico del neo papà può essere inoltre sostenuto dal rapporto con il proprio padre, allo stesso modo in cui lo sviluppo emotivo della neo mamma riceve un importante sostegno dalla propria madre.

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L’importante presenza del padre prosegue anche in seguito alla nascita e nel primo anno di vita del bambino. Un partner attento e affettuoso può influenzare positivamente la relazione del bambino con la propria madre, sia mantenendo le capacità relazionali materne adeguate, sia aiutando la donna, in presenza di difficoltà o vulnerabilità individuali. Egli acquista una “funzione protettiva” per la delicata coppia madre-bambino.

L’impegno dell’uomo nella sua relazione di coppia, produce un impatto positivo sulla relazione del piccolo con la propria madre.

Bowlby, famoso psicologo e psicoanalista, affermava: “Compito primario del padre è fornire il dovuto aiuto psicologico, materiale e affettivo alla madre che si prende cura del piccolo in prima persona e che per questo non può essere stressata”.

Se la donna si sente sostenuta da un punto di vista affettivo dal compagno, si dedicherà al figlio nella consapevolezza che il suo legame di coppia non si romperà o non andrà incontro a crisi se le sue risorse affettive e cognitive saranno utilizzate per prendersi cura del bebè.

Sia a livello emotivo che mentale, il padre media la relazione intensa, emotivamente carica e talvolta faticosa tra la madre e il bambino. L’intervento del padre è essenziale per un equilibrio emotivo: per esempio, tenendo in braccio il bambino in modo confortevole ma diverso da quello materno, il padre introduce una nuova dinamica nel ritmo madre – figlio che sarà di sollievo per tutti.

E’ importante che entrambi i genitori considerino il sostegno al figlio come un lavoro condiviso: serve l’impegno di entrambi, non solo di uno, perché il bambino cresca.

L’importanza quindi del padre non deriva dal suo fare “come la mamma”, ma nel sapersi porre come fattore positivo e di sostegno verso la donna – se quest’ultima è insicura, o come colui che mantiene il senso di sé della moglie, quando questa è sicura, migliorando e rafforzando la relazione con il bambino.

Per approfondimenti:

E.Quagliata “Essere Genitori” – Casa Editrice Astrolabio – Roma, 2010

P. Ugarte “Un padre” romanzo – Editore Zero91, 2009

Oltre i pregiudizi: la figura dello psicologo

2 aprile 201728 aprile 2017 ~ corinnecopat ~ Lascia un commento

Rispetto a qualche tempo fa, la percezione sociale della figura dello psicologo ha subito alcuni cambiamenti: le persone sono maggiormente informate sull’utilità di rivolgersi ad un professionista per migliorare la qualità della propria vita.

Persistono tuttavia luoghi comuni e pregiudizi legati alla sua figura, influenzati anche da una cattiva informazione attraverso i mass media che purtroppo non rispecchiano il suo reale lavoro. 

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Ecco quindi alcuni dei pregiudizi più diffusi, che possono rendere difficile il rivolgersi ad uno psicologo, in presenza di disagi e difficoltà che possono presentarsi in diversi momenti di vita della persona.

  • Lo psicologo è per i deboli, posso farcela da solo. Si pensa che chi va da uno psicologo sia un “debole”. In realtà lo psicologo si prende cura di coloro che sono consapevoli di aver bisogno di aiuto per risolvere autonomamente i propri problemi. Lo psicologo non risolve i problemi, ma aiuta la persona a riconoscere i propri limiti ed acquisire nuovi strumenti per migliorare la propria condizione. Ci sono momenti di vita dove può essere indispensabile rivolgerci ad un professionista, ma la responsabilità e il merito del cambiamento sono personali: nessuno può cambiare al nostro posto!

  • Lo psicologo manipola la mia mente. Lo psicologo non ti dice cosa devi fare per trarne un vantaggio personale. Al contrario, lo scopo di un percorso psicologico è di costruire insieme alla persona una maggiore consapevolezza riguardo ai suoi vissuti ed emozioni, accompagnandola a ricercare dentro di sé nuove condizioni per ritrovare il proprio benessere emotivo con se stessa e con gli altri.

  • Io sono fatto così, non posso cambiare! Molte persone pensano di essere nate con un determinato carattere e di non avere alternative. In realtà, abbiamo spesso due condizioni: la responsabilità delle nostre azioni/comportamenti e il potere di regolare le nostre reazioni. Possiamo sviluppare questi due aspetti con l’aiuto di uno psicologo, conoscendo meglio le nostre caratteristiche e comportamenti abituali, rendendoli più flessibili e adattandoli ai vari ambiti di vita.

  • Non si possono risolvere i problemi solo parlando. In realtà, il linguaggio non è utilizzato solo per descrivere la realtà, ma è il mezzo attraverso cui essa viene costruita. Parlare ci aiuta a cambiare il modo con cui attribuiamo significato al mondo, modificando di conseguenza i nostri atteggiamenti e comportamenti. Nella psicologia psicodinamica, ad esempio, la relazione che viene a costruirsi tra paziente e psicologo favorisce – attraverso il linguaggio – il processo di conoscenza personale e di cambiamento consapevole. 

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  • Il percorso psicologico dura troppo. Tenendo presente che non vi sono tempi standard per ogni persona, nella realtà esistono percorsi psicologici differenti: consulenze (che possono durare qualche incontro), percorsi a tempo definito (mirati alla risoluzione di un problema focalizzato), percorsi a lungo termine (le psicoterapie). Il percorso definito insieme si adatta flessibilmente alle esigenze e ai nuovi bisogni che possono sorgere mano a mano che si procede.

  • Non mi serve, posso parlare con un amico. Avere persone fidate che ci comprendono è sano e necessario, ma l’aiuto psicologico è diverso da quello di un amico. Lo psicologo non è coinvolto in dinamiche affettive con il paziente; entrambi sono concentrati sul paziente, permettendo uno spazio di esplorazione mirata e cambiamento; lo psicologo è un professionista qualificato e formato per affrontare difficoltà strutturate. Lo psicologo non dà consigli, ma accompagna la persona ad una riflessione sulle proprie esperienze, valutando insieme la situazione più adatta e rispettando la sua autonomia.

 

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Alla luce di quanto scritto, concludo con una frase dello scrittore Marcel Proust, che descrive in maniera efficace il lavoro psicologico: “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”.

Lo studio accoglie con piacere suggerimenti e confronti in merito.


L’autrice: Dr.ssa Copat Corinne

La Dr.ssa Copat è Psicologa. Esercita la libera professione presso lo Studio di Psicologia di Pergine Valsugana. E’ laureata in Psicologia presso l’Università di Padova ed è specializzanda in Psicoterapia Psicodinamica.

Saperne di più: l’intelligenza emotiva

15 marzo 20176 aprile 2017 ~ corinnecopat ~ Lascia un commento

Cos’è l’intelligenza emotiva?

Secondo lo psicologo statunitense Daniel Goleman, che ne ha formulato il costrutto teorico nel 1995, con “intelligenza emotiva” si identifica un particolare tipo di intelligenza legato all’uso corretto delle emozioni, distinguendola dalla nota intelligenza legata al Quoziente intellettivo (QI).

In particolare, secondo Goleman l’intelligenza emotiva si compone di: competenze personali (capacità di cogliere i diversi aspetti della propria vita emozionale); e competenze sociali (la maniera in cui comprendiamo gli altri e ci rapportiamo ad essi).

L’intelligenza emotiva personale comprende la consapevolezza di sé, che porta a dare un nome e un senso alle nostre emozioni negative, aiutandoci a comprendere le circostanze e le cause che le scatenano; permettendo una comprensione delle proprie capacità e dei propri limiti.

Nelle competenze personali fa parte anche l’autocontrollo. Esso implica la capacità di dominare le proprie emozioni, senza negarle né soffocarle, ma esprimendole in forme socialmente accettabili.

L’incapacità di gestire le proprie emozioni può portare ad agire in maniera inopportuna, con episodi di aggressività nei confronti degli altri.

Essere autoconsapevoli delle emozioni è un obiettivo che un percorso psicologico/psicoterapeutico cerca di mettere in atto e rafforzare nei pazienti.

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L’intelligenza emotiva sociale permette invece di relazionarsi positivamente con gli altri e di interagire in modo costruttivo con essi.

Una delle sue componenti più importanti è l’empatia, ossia la capacità di riconoscere le emozioni e i sentimenti degli altri, ponendoci nei loro panni e riuscendo a comprendere i rispettivi punti di vista, gli interessi e difficoltà interiori. Non riuscire a instaurare una relazione empatica amicale – di coppia o nell’ambito lavorativo – produce un circuito di isolamento e chiusura. Possono emergere sentimenti negativi che sfociano in uno stato di malessere, insoddisfazione e sensi di colpa per non essere in grado di gestire relazioni interpersonali.

Secondo Goleman, l’intelligenza emotiva si può sviluppare attraverso un adeguato allenamento, indirizzato a cogliere i sentimenti e le emozioni, nostri e altrui, in senso costruttivo.

Negli anni l’applicazione dell’intelligenza emotiva ha riguardato importanti ambiti della nostra vita, come la coppia, il lavoro, la famiglia.

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In particolare, dentro i contesti organizzativi si assiste ad un incremento di interesse verso questo argomento: in questo ambito, le emozioni possono diventare quelle competenze esclusive e distintive che vengono ritenute vantaggi competitivi sostenibili nel tempo e indispensabili per la sopravvivenza di un’impresa.

Nell’ambiente di lavoro l’armonia tra diverse capacità per stabilire rapporti costruttivi e positivi con gli altri diviene fondamentale. Tale aspetto sembra tanto funzionale alle organizzazioni per il suo ambiente interno quanto per ciò che concerne i rapporti con l’ambiente esterno.

L’Harvard Business Review ritiene l’intelligenza emotiva “la chiave del successo professionale”, per questo sono sempre più frequenti i corsi di formazione nelle aziende che, utilizzando il gruppo come strumento privilegiato, hanno come obiettivo proprio quello di sviluppare competenze “emotive” nei propri dipendenti.

Oggi più che mai, acquisire gli strumenti per sviluppare l’intelligenza emotiva, può rivelarsi la strada corretta per il raggiungimento di un benessere in vari ambiti della propria vita.

Per saperne di più, contatta lo studio.

Per approfondire:

Goleman D., “Intelligenza emotiva”, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1996

 


L’autrice: Dr.ssa Copat Corinne

La Dr.ssa Copat è Psicologa. Esercita la libera professione presso lo Studio di Psicologia di Pergine Valsugana. E’ laureata in Psicologia presso l’Università di Padova ed è specializzanda in Psicoterapia Psicodinamica.

Il cervello adolescente

29 agosto 20166 aprile 2017 ~ corinnecopat ~ Lascia un commento

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“L’adolescenza non è semplicemente una fase da superare: è un periodo della vita da valorizzare in modo adeguato” Daniel J. Siegel – La mente adolescente

Una serie di scoperte, più o meno recenti, hanno affrontato il periodo adolescenziale (compreso all’incirca tra i 12 e i 24 anni), sfatando alcuni miti che ormai sono entrati a far parte della nostra cultura in modo radicato.

Alcuni testi che affrontano questa tematica in maniera scientifica ma altrettanto appassionante sono scritti da Daniel J. Siegel, professore di psichiatria alla University of California di Los Angeles, autore di saggi sullo sviluppo mentale dei bambini e adolescenti.

Il primo è “Brainstorm: The Power and Purpose of the Teenage Brain” (2013), l’altro è disponibile in italiano con il titolo “La mente adolescente” (2014).

Ecco quindi alcuni contributi sui falsi miti.

  1. Uno dei falsi miti sostiene la responsabilità degli ormoni impazziti nel “mandare fuori di testa” i ragazzi, portandoli a “perdere la ragione” o comportarsi in modo “folle”. L’aumento fisiologico del livello ormonale, che determina con la pubertà importanti cambiamenti fisici, non sembra essere esclusivamente o direttamente determinante di ciò che accade in adolescenza. Al contrario, l’esperienza dell’adolescenza è principalmente il risultato di cambiamenti che avvengono proprio nello sviluppo del cervello dei giovani.
  2. Un’altra falsa credenza ritiene come l’indipendenza del teenager dalla propria famiglia debba essere conquistata attraverso un distacco da una dipendenza degli adulti verso un’autonomia totale da questi ultimi. In realtà, la vera indipendenza sembra essere data da una interdipendenza sana, non da un completo isolamento. Certamente la natura dei legami con i propri genitori cambia e ci si avvicina maggiormente al gruppo dei pari, ma non si trasforma mai in una totale autonomia. I ragazzi hanno bisogno di relazioni con l’adulto e da questi ne traggono forti benefici.
  3. L’ultimo mito riguarda il pensiero che l’adolescenza sia un momento di immaturità, a causa del quale l’unico scopo sia “fare crescere i ragazzi”, che basti “aspettare e sopravvivere”. Al contrario, Siegel sostiene come i compiti adolescenziali (tra i quali, la ricerca di novità, il coinvolgimento sociale con i coetanei, una maggiore intensità emotiva e l’esplorazione creativa, il testare i confini) possono creare le basi per lo sviluppo dei principali tratti del carattere che consentiranno agli adulti di andare incontro in maniera adattativa e positiva alla vita.Lo sviluppo cerebrale degli adolescenti, secondo l’autore, non va visto solo come un processo di maturazione, ma risulta più utile considerare questo processo come una parte vitale e necessaria della nostra vita individuale e collettiva.tumblr_mdisvyHLqt1qcvd8fo1_500

    I cambiamenti che avvengono nel cervello dell’adolescente permettono a certe nuove capacità di emergere: le vicende emozionali, le relazioni sociali, la ricerca di novità, le sperimentazioni creative vanno viste come aspetti centrali, positivi e necessari per capire chi siano gli adolescenti e chi potrebbero diventare come adulti.

    Il nostro compito di adulti e genitori è anche quello di mantenere per tutta l’età adulta quello spirito buono dell’adolescenza, conservandone la creatività, la spinta all’innovazione, la predisposizione alle relazioni sociali e al pensiero laterale. L’adolescenza non è semplicemente uno stadio da superare, ma uno stadio della vita da coltivare con molta attenzione.

Per approfondire:

Siegel, D.J. (2014) La mente adolescente. Raffaello Cortina Editore

Goisis, P. R. (2014) Costruire l’adolescenza. Tra immedesimazione e bisogni. Ed. Mimesis

Differenze tra le figure professionali

8 ottobre 20156 aprile 2017 ~ corinnecopat ~ Lascia un commento

Psichiatra, Psicologo e Psicoterapeuta: spesso vi sono molti fraintendimenti e non sempre si conoscono le loro competenze e le differenze nelle modalità d’intervento.

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Per chiarire meglio, osserviamo da vicino le tre figure:

  1. Psichiatra: è un laureato in Medicina, con Specializzazione in Psichiatria e/o Psicoterapia. A seconda del tipo di approccio che egli decide di seguire, può privilegiare un intervento basato principalmente sui farmaci oppure associato ad un intervento psicologico (gestendolo direttamente o inviando il paziente ad un altro professionista).
  2. Psicologo: è un laureato in Psicologia, il quale ha svolto un tirocinio della durata di un anno, ha sostenuto un esame di stato per abilitarsi all’esercizio della professione ed iscriversi all’Albo degli Psicologi della sezione A.

Lo Psicologo interviene nella prevenzione, diagnosi e sostegno in ambito psicologico, rivolte alla persona, al gruppo e alla comunità. Lo psicologo è inoltre tenuto a rispettare il Codice Deontologico Nazionale degli Psicologi, che all’Articolo 11 stabilisce l’obbligo del segreto professionale: egli non può cioè rivelare notizie, fatti o informazioni apprese durante l’esercizio della sua professione. Non può prescrivere farmaci né offrire indicazioni di tipo medico.

3. Psicoterapeuta: è uno Psicologo che ha conseguito una specifica formazione professionale in Psicoterapia presso una Scuola di Specializzazione riconosciuta dal MIUR. Possono accedere a queste scuole anche i laureati in Medicina, nonché gli Psichiatri che desiderano ottenere un’abilitazione all’esercizio della Psicoterapia.

Lo psicoterapeuta è uno specialista qualificato alla diagnosi, sostegno, cura e riabilitazione. Lavora con il paziente per affrontare sintomi, disagi e disturbi psicologici.

La psicoterapia è un intervento che va più in profondità della consulenza psicologica. Ci sono moltissime scuole di psicoterapia, ognuna delle quali ha un suo specifico orientamento teorico e tecnico. La durata è di almeno 4 anni e comprende tirocini clinici di Psicoterapia supportati da supervisioni.

Lo Psicologo-psicoterapeuta non può prescrivere farmaci, ma, se lo ritiene necessario, può chiedere a uno Psichiatra di seguire il paziente da un punto di vista farmacologico.

In genere quindi è prevista una collaborazione con altre figure professionali, tra le quali psichiatri, medici di base, pediatri, neurologi, ginecologi, endocrinologi. Questo avviene solo tramite l’accordo e la collaborazione con il paziente stesso.

Dizionario

MIUR: Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.


L’autrice: Dr.ssa Copat Corinne

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